Cattiva digestione e pancia gonfia dopo i pasti? Ecco i consigli nutrizionali.
Con il termine cattiva digestione (o dispepsia), si fa riferimento ad una sindrome caratterizzata dalla presenza di sintomi cronici (o ricorrenti) riferiti all’epigastrio.
Questi sintomi sono: dolore / bruciore epigastrico, pienezza postprandiale, sazietà precoce, nausea e saltuariamente anche vomito. Bisogna specificare che la presenza di tali sintomi non indica sempre una specifica patologia sottostante né la presenza di alterazioni delle funzioni gastroduodenali.
Esistono due forme di dispepsia:
- dispepsia cronica: sono presenti lesioni della mucosa gastroduodenale, patologie bilico-pancreatiche o alterazioni biochimiche correlate a malattie sistemiche;
- dispepsia funzionale: non sono rilevabili alterazioni strutturali o biochimiche che giustifichino i sintomi.
La cattiva digestione è spesso associata a gastrite, ulcera, reflusso, alitosi, sonnolenza, intestino irritabile e presenza di Helicobacter Pilori.
Dal punto di vista nutrizionale, sono importanti la stimolazione della secrezione gastrica e la velocità di transito e svuotamento gastrico: il cibo non deve rimanere a lungo nello stomaco, per questo è importante limitare l’assunzione di cibi grassi, fritti e raffinati che sono i più laboriosi da digerire.
Anche la scelta di frutta e verdura è molto importante perché, con l’alto contenuto di fibra, rallenta il transito gastrico. Inoltre, le fibre hanno la capacità di assorbire 10 volte più acqua rispetto al loro contenuto, andando ad aumentare di volume provocando dilatazione addominale che risulta fastidiosa nei pazienti che soffrono di dispepsia.
Da evitare: cavoli, broccoli, carciofi e cavolo nero mentre i legumi vanno inseriti con cautela e solo quando le condizioni del paziente lo permettono.
Sconsigliati anche alimenti che possono aumentare l’acidità ed aggravare un’eventuale presenza di gastrite o reflusso gastroesofageo: latticini, zuccheri raffinati e spezie piccanti.
Il regime alimentare deve essere sempre elaborato da un nutrizionista in base alla sintomatologia riportata nell’anamnesi del paziente e deve correggere eventuali squilibri metabolici che coinvolgono il metabolismo dei grassi, l’assimilazione del ferro e della vitamina b12.
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