Dieta mima digiuno e cancro

È stato ampiamente dimostrato come una dieta sbilanciata unita all’inattività fisica possano contribuire all’aumento di tumori e di malattie degenerative. Negli ultimi anni, poi, l’interesse della comunità scientifica si è concentrato intorno al potere protettivo di una dieta principalmente basata su vegetali e di una restrizione calorica nei confronti dei tumori, permettendo così un aumento dell’aspettativa di vita.

Ormai è ben noto come la restrizione calorica possa influenzare positivamente i livelli di proteina C reattiva, dello stato infiammatorio e, al tempo stesso, abbassare l’IGF1.

Uno studio molto interessante, condotto dal Prof. Longo e dai suoi colleghi, pubblicato sulla rivista “Cancer Cell” indica come il protocollo Mima Digiuno, abbinato alla chemioterapia, possa proteggere le cellule sane, aumentare sia la risposta differenziale delle cellule tumorali allo stress (DSR) che la loro esposizione allo stress (DSS) e, in questo modo, provocare la morte delle cellule tumorali.

Inoltre, secondo il lavoro pubblicato, effettuare cicli di un regime alimentare Mima Digiuno può portare all’attivazione delle cellule staminali ed al rafforzamento delle difese immunitarie.

Lo studio chiarisce anche come la dieta Mima Digiuno sia in grado di rendere più efficaci le chemioterapie riducendone effetti collaterali e tossicità, rendendole più aggressive per le cellule malate ma non per quelle sane.

La dieta Mima Digiuno, abbinata alle chemioterapie basate su Doxorubicina, aumenta la produzione di cellule del midollo osseo che danno stimolo alle cellule del sistema immunitario (Natural Killer, cellule B e cellule T) di attaccare i tumori ed eliminare le cellule “T regolatrici” che proteggono i tumori.

I ricercatori hanno affermato che cicli di Mima Digiuno possono ridurre in modo significativo l’enzima HO-1 (eme ossigenasi) che si trova all’interno delle cellule T regolatrici: questo enzima aumenta in caso di tumori proteggendo le cellule tumorali e, quando viene rimosso o ridotto, facilita l’attacco delle cellule T regolatrici, agevolando l’efficacia della chemioterapia.

Serviranno sicuramente ulteriori studi e sperimentazioni sull’uomo affinché questo protocollo diventi una pratica medica integrata ai cicli di chemioterapia ma le premesse sono, sicuramente, molto incoraggianti.